I QUADERNI DI SERAFINO GUBBIO OPERATORE: NOTE DI REGIA

Credo che Pirandello abbia sempre utilizzato il teatro e la scrittura per sua intima e personale ricerca. Fare e farsi, in prima persona, delle domande anche dolorose e scomode, vuol dire, dal mio punto di vista, ricercare e quindi scegliere, momento per momento, fra il crescere e l’invecchiare. Rispetto poi alla “comunicazione”, tanto più in questo momento storico, penso sia viva questa dialettica attraverso due strade contrapposte: l’intrattenimento, la cui funzione sta nel dare risposte, spesso consolatorie, e la ricerca che, nel migliore dei casi, diventa arte e che, come tutta l’arte, interroga.

Nei Quaderni di Serafino Gubbio operatore Pirandello, come in tutta la sua poetica, ci sommerge di domande e d’intuizioni rivelatesi poi in alcune delle risposte tragiche che viviamo nel nostro presente. C’è tutta la sua diffidenza per la “macchina” come elemento di conflitto con la sensibilità – aura umana e della vita “vera” (macchina da ripresa che fissa ed immobilizza la realtà ma anche, e più in generale, macchina/meccanismo come elemento della modernizzazione) e c’è la continua esasperante constatazione che la vita “o la si vive o la si scrive” o, nel caso di Serafino, la si filma, la vita, quella degli altri, girando una manovella. Assistiamo infatti ad un autore-operatore
nei primi del secolo scorso, Serafino, che ci parla in prima persona, attraverso il diario giornaliero delle sue esperienze esistenziali nella casa di produzione cinematografica “Kosmograph”. I suoi personaggi, come spesso accade in Pirandello, vanno a cercarlo l’autore-Serafino e ci parlano attraverso di lui.

Sono tutti al limite del melodramma, costantemente in conflitto con la finzione e la realtà della loro vita di commedianti e, dall’intricato rendiconto delle loro relazioni, veniamo di fatto messi al corrente delle domande sulla vita, sull’uomo, sulla contemporaneità di Serafino (Pirandello?) stesso.

Serafino Gubbio è un romanzo che può essere letto anche come metafora della morte dell’arte nella civiltà delle macchine e la sua versione scenica, a cui sto lavorando, vorrei che fosse proprio una sorta di soliloquio
con partecipazione di fantasmi “virtuali” interpretati da attori e riprodotti da macchine. Ed è qui che Pirandello mi sembra sia, con tutte le sue riflessioni, al centro del nostro presente, in questo suo dialogo costante e serrato con la
“gestazione” poetica, con la fantasia, con la finzione e la realtà di questo periodo in cui trionfa l’immateriale.
Che cos’è il nostro modem casalingo che ci permette d’entrare in rete e di comunicare, attraverso la finzione di un personaggio che di volta in volta ci scegliamo, che cos’è se non una sorta di medium, di tramite fra la realtà ed il
nostro immaginario?

La contemporaneità di Pirandello, a mio avviso, risiede proprio qui, nell’aver avuto la precognizione esatta del “virtuale” che confonde e scompagina il ritmo naturale dell’uomo mettendo in scena il reality show della
sua vita casalinga. È Serafino stesso, infatti, che si chiede e ci chiede quanta vita siamo disposti a buttare via pur d’apparire, per un attimo, con la rappresentazione di noi stessi, su di un pezzo di lenzuolo bianco allontanandoci dalla vita e dal farci nuove domande.

Andrea Liberovici