Il poeta Sanguineti ha riassunto così la propria attrazione per questa forma musicale “semplice“, suscitata quando il compositore Liberovici gli propose di scrivere insieme un rap che avesse un tema comune a entrambi, il sogno: “Quel che mi è sembrato interessante è trovare sempre una buona ragione per fare qualcosa di nuovo. Il rap è qualcosa di fresco, suscettibile di una utilizzazione come musica planetaria, si può cercare di usarla come prodotto che abbia un significato culturale che si impegni al di là del consumo, senza volere sminuire questo campo spesso “alto“ sebbene ancora emarginato“. Nel difficile equilibrio di questa concezione artistica, che salva insieme il valore d’espressione popolare e il suo conseguente uso “alto“, sta il senso di questa realizzazione di teatralità musicale.(…)
Nella circolarità spesso ripetitiva della poesia Liberovici ha trovato la disponibilità ideale per un uso non imitativo dei segmenti “minimali“ , i quali vengono qui utilizzati sia per il loro valore teatrale, come a esempio certe frasi del quartetto d’archi cariche di memoria drammatica, sia per la loro possibilità di ricorrere spaziando il ritmo in lunghezze diverse.(…)
Dall’intrico di timbri, ritmi e forme – Rap – ricava una sua feroce leggerezza, una volatile spudoratezza che restituiscono la dimensione di una musica che non si limita ad essere, ma pretende di dire. Anche senza voler definire, come la poesia, come il rap.
Michele Mannucci – Presentazione CD Rap – Fonti Cetra Classic – 1996