Partendo da una riflessione di J. Cage sulle nuove modalità e metodologie compositive mi viene da pensare che il fare musica di questo fine secolo accolga le caratteristiche principali della pittura di questo inizio secolo e della fotografia. Si fissa su tele digitali, perdendo così una sua prerogativa, ovvero la possibilità della riesecuzione futura da parte dell’interprete, per acquistare, dalla pittura, la fissità, e dalla fotografia la fissità di un movimento. Per mantenere questa similitudine, il suono, sempre più, sta diventando colore, naturale o sintetico (a seconda della fonte) e gli strumenti dell’elettronica musicale, potenti pennelli. Il suono diventa di fatto il protagonista, si scrive per il suono, con un suono, attraversando le ragioni di un suono. Detto ciò, ho cominciato a lavorare su dei ritratti acustici. Ovvero, uso la voce (quindi l’immagine, quindi il colore fondamentale) per esempio di Marinetti, e attraverso lo spettro sonoro, il timbro e la ritmica del suo declamare, costruisco appunto un ritratto. Questo modo mi ha suggerito l’idea di una galleria di ritratti, da scegliere liberamente fra poeti, oratori, attori, politici per analogia o contrasto. Alcuni di loro mi hanno rilasciato appositamente la voce altri, sono stati reperiti con l’aiuto di vari archivi. Questa sorta di galleria-acustica può non essere riferita soltanto a voci appartenenti al novecento, ma anche a grandi suoni appartenuti a questo secolo: le macchine, lo sbarco sulla luna, la bomba atomica.
Andrea Liberovici