“È soltanto la consapevolezza della memoria a garantirci un futuro migliore”. Non so di chi sia questa frase, questo monito, ma è qualcosa che, appunto, devo aver memorizzato da ragazzino perché in modo prepotente e improvviso, nel corso degli anni, mi è tornata alla mente più volte, guidandomi. Tantopiù nell’ultimo decennio, in un momento in cui i famigerati “media”, con il loro anestetizzante e violento flusso di “presente”, tendono ad azzerare qualsiasi analisi e riflessione che, appunto, si muova e prenda suggerimento dalla storia e dagli errori, troppo spesso tragici, della storia medesima. Ma i media e le nuove tecnologie sono anche, per paradosso, un enorme contenitore di memoria e nello stesso tempo straordinari strumenti espressivi. Le responsabilità tragiche sulla formazione culturale e politica che stanno acquisendo, non sono ovviamente imputabili alle macchine, ma a chi e per quali fini le utilizza. L’unico modo per non subirle, credo, sia approfondirne la conoscenza per imparare ad utilizzarle creativamente cercando, per quanto possibile, d’affrancarsi dall’essere utilizzati. Ecco, la mia ricerca, negli ultimi anni, è proprio tesa a studiare la relazione e la dialettica fra i vari media e le varie grammatiche, non soltanto musicali (musica dal vivo con strumenti classici e musica “fissata” elettronica o concreta) ma anche visive. Con questa “complessità” molto stimolante mi sono confrontato per elaborare questo nuovo progetto dedicato a Primo Levi. Sentendo la necessità di fare emergere anche visivamente questo serrato dialogo con l’ombra.
L’ombra che emerge dagli scritti di Levi e da quelli di Emilio Jona a lui dedicati: è certo l’ombra della storia, ma è inevitabilmente l’ombra che ognuno si porta dentro, mai risolta, che purtroppo continua a manifestarsi determinando la scrittura della storia a noi contemporanea, in questa progressiva assenza di memoria.
Ho così suddiviso questa mia composizione in cinque piani distinti ma sincronici, come fossero dei veri e propri “personaggi” sulla scena in relazione fra di loro, partendo ovviamente dalle innumerevoli e straordinarie suggestioni del testo.
Ringrazio il Nouvel Ensemble Moderne e Lorraine Vaillancourt, MITO ed Enzo Restagno per questa nuova opportunità di ricerca, ma innanzitutto ringrazio Emilio Jona, amico di famiglia che affettuosamente chiamo da sempre “zio”, per questo testo, scritto per mio padre, che per tante ragioni purtroppo non riuscì a musicare, che mi ha consegnato in una sorta di “passaggio del testimone” di cui spero essere all’altezza.
Andrea Liberovici
L’idea di La trasparenza della parola viene da lontano, per un verso da una frequentazione partecipe, mia e di Sergio Liberovici, con l’opera di Primo Levi, per l’altro da una proposta fatta a Liberovici dalla Fiera del Libro di Torino di realizzare un evento musicale per l’inaugurazione del primo anno di attività dell’ente. Era il 1988 e Liberovici mi coinvolse in questa impresa.
Io avevo con Sergio una lunga consuetudine di lavoro comune nel campo della ricerca folclorica, della creazione di un’opera lirica e di una drammaturgia legata al mondo popolare. Primo Levi era morto nel 1987 e ne eravamo rimasti sconvolti. Pensammo a una Cantata in sua memoria e in suo onore, pensammo a nove parole chiave tratte dai suoi libri attorno a cui far nascere altrettanti momenti musicali: un Lied, una danza, un coro di bambini, un canto popolare, una sinfonia, un coro a cappella. Io scrissi il testo e Sergio cominciò a lavorare alla musica, poi il progetto naufragò.
È curioso che lo abbiano portato ora a compimento i nostri figli, con nuove impostazioni visive e sonore e precise cifre stilistiche. In quest’anno di strette economie manca, ad esempio, la voce umana, che un tempo consideravamo essenziale. Vi suppliscono l’inventiva e la suggestione di una musica che, anche visivamente, è indissolubilmente legata alla parola e al gioco dell’ombra.
Vorremmo infatti suonare, leggere, guardare Primo e la sua ombra intrecciandovi la sua ineludibile testimonianza, la sua resistenza alla distruzione, la sua salvazione nel riso e nel sapere, il suo cielo dove non vi sono Campi Elisi ma buchi neri. Vorremmo in una parola cantare la luminosità della sua notte e l’oscurità del suo giorno.
Emilio Jona