30 Jan Ricetta n°1- Pasta e fasioi nella cultura veneziana del ‘500
“Non conosco un’occupazione migliore del mangiare, cioè, del mangiare veramente. L’appetito è per lo stomaco quello che l’amore è per il cuore. Lo stomaco è il direttore che dirige la grande orchestra delle nostre passioni”
Gioacchino Rossini
da : Ricette veneziane del ‘500 da:“La cucina veneziana“ di Giuseppe Maffioli ediz. Franco Muzio 1982
La singolar dottrina
Di Domenico Romoli, detto il Panunto o Panonto
Prima ediz. Michel Tramezzino (non è uno scherzo) 1560 in Venezia
Un classico per iniziare
Pasta e fasioi
Usare fagioli freschi sgranati di Lamon o secchi messi a mollo per una notte con una punta di bicarbonato. Se si tratta di fagioli secchi al mattino metterli a sobbollire in una nuova acqua (taluno usa metà acqua e metà latte) sino a cottura completa. Preparare a parte un soffritto di abbondante cipolla, con un battuto di pancetta, oppure con solo olio. Passare al setaccio metà dei fagioli e riunirli agli altri, aggiungendo il soffritto. Far sobbollire per un’altra mezz’ora, aggiungendo eventualmente il brodo. Mettere a punto il sale. Volendo ottenere una maggiore densitò, unire inizialmente ai fagioli qualche patata, che verrà setacciata, oppure, aggiunto il pesto, sciogliere in una tazza del brodo di fagioli un cucchiaio di farina, aggiungere al resto e far sobbollire per almeno dieci minuti, mescolando sempre, avendo attenzione che la zuppa non prenda sapore di “brustolin”. Servire calda o tepida, con una macinata di pepe sulla scodella e con una croce d’olio.La cottura deve essere comunque lentissima, con un bollore impercettibile. Aggiungere alla zuppa piccoli quantitativi di pasta: “tirache”, “bigoli” scuri, “subiotini”, “tagliadele” o anche “menuelei“. Il parmigiano non è legittimo ma molti lo gradiscono Servire caldo o tiepido.
Miei suggerimenti
Come sappiamo il battuto da soffriggere è la base che determina la riuscita del piatto. Per questa ragione è estremamente delicato e richiede tempo e attenzione. Suggerirei, per un piatto così apparentemente semplice ma importante, di tagliare le cipolle (bianche) non troppo sottili e di farle dorare, per almeno una trentina di minuti da sole e NON nell’olio ma bensì nell’acqua. Attenzione, farle dorare è diverso dal farle bollire. L’acqua va aggiunta gradualmente come fosse olio e si deve continuare a girare il tutto appunto per almeno una trentina di minuti. A parte, in un altro tegame sempre a fuoco bassissimo, facciamo cuocere non soltanto la pancetta tagliata grossa ma anche (e qui perdonate ma è una botta di genio) dei dadini di speck. La percentuale da utilizzare è due terzi pancetta (non affumicata) e un terzo di speck. Ovviamente non è il caso di aggiungere nessun altro grasso (olio, burro, margarina…) ma farli rosolare nel loro stesso grasso. L’aggiunta dello speck darà un altro tono un pochino più solido e meno ovvio all’abituale retrogusto lontano di pancetta. Cotti entrambi i due battuti mischiarli insieme con l’aggiunta di un filo d’olio buono e crudo, un ramo di rosmarino intero, qualche foglia di alloro una carota tagliata a dadini minuscoli e proseguire come ricetta cinquecentesca. Togliere ovviamente foglie d’alloro e ramo di rosmarino prima di mischiare il tutto con i fagioli interi e passati.
Dunque così, per digerire, propongo un bagno caldo vestiti e una cioccolata bollente come nel celebre quadro di Pietro Longhi! Alla Prossima!!!
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